Obsolescencia
curatela di Chiara Ioli
Checkpoint Charly
Bologna – Italy
2015
This exhibition gathers some Esteban Ayala´s selected pieces, which common features are Power and Production Systems characterizing the first industrial revolution filtered from an archaeological gaze, recalling the myths of modernity. The values of capitalist society have disappeared showing their fragmented nature, as Marc Le Bot writes in the myth of the machine: “industrial society is no longer able to set in motion the mythical function, there are no more myths that can fill the gap open in the social body by the clashes of the class struggle”
The devices that have characterized the power and the industrial production are ruins now, pieces that the artist show attracted by their obsolescence, by a disappearance of sense: a kind of totems, empty thrones from which power was once imposed persist only in their backbone. Alike, a primitive industrial machine, able to automate artistic creation process continues its productive motion which has become useless, because of its nowadays limitations and inadequacies.
By observing, the whole exhibition, we can experience a unheimlich sensation, similar to what is experienced in front of the ancient ruins, which original meaning is only a subtle insinuation.
La mostra raccoglie alcuni lavori di Esteban Ayala che evocano sistemi di potere e di produzione caratterizzanti la prima rivoluzione industriale, filtrati da un punto di vista archeologico, richiamando i miti della modernità. I valori della società capitalistica sono scomparsi, mostrando la loro natura frammentaria, come scrive Marc Le Bot nel mito della macchina: la società industriale non è più capace di mettere in moto la funzione mitica: non ci sono più miti che riescano a colmare le brecce aperte nel corpo sociale dagli scontri della lotta di classe.
I dispositivi che hanno caratterizzato il potere e la produzione industriale sono ora rovine, resti che l’artista mette in luce attratto dalla loro obsolescenza, da una sparizione del senso: alcuni totem, vuoti scranni dai quali un tempo si imponeva il potere, persistono unicamente nella loro ossatura. Allo stesso modo, una primitiva macchina industriale, in grado di automatizzare il processo di creazione artistica, continua il suo moto produttivo, diventato inutile, perché ne sono ormai noti limiti e inadeguatezze.
Osservando queste opere si prova una sensazione simile a quella che si ha davanti a delle rovine antiche, in cui il senso originario è solo una sottile insinuazione.
- Chiara Ioli
curatela di Chiara Ioli
Checkpoint Charly
Bologna – Italy
2015
This exhibition gathers some Esteban Ayala´s selected pieces, which common features are Power and Production Systems characterizing the first industrial revolution filtered from an archaeological gaze, recalling the myths of modernity. The values of capitalist society have disappeared showing their fragmented nature, as Marc Le Bot writes in the myth of the machine: “industrial society is no longer able to set in motion the mythical function, there are no more myths that can fill the gap open in the social body by the clashes of the class struggle”
The devices that have characterized the power and the industrial production are ruins now, pieces that the artist show attracted by their obsolescence, by a disappearance of sense: a kind of totems, empty thrones from which power was once imposed persist only in their backbone. Alike, a primitive industrial machine, able to automate artistic creation process continues its productive motion which has become useless, because of its nowadays limitations and inadequacies.
By observing, the whole exhibition, we can experience a unheimlich sensation, similar to what is experienced in front of the ancient ruins, which original meaning is only a subtle insinuation.
La mostra raccoglie alcuni lavori di Esteban Ayala che evocano sistemi di potere e di produzione caratterizzanti la prima rivoluzione industriale, filtrati da un punto di vista archeologico, richiamando i miti della modernità. I valori della società capitalistica sono scomparsi, mostrando la loro natura frammentaria, come scrive Marc Le Bot nel mito della macchina: la società industriale non è più capace di mettere in moto la funzione mitica: non ci sono più miti che riescano a colmare le brecce aperte nel corpo sociale dagli scontri della lotta di classe.
I dispositivi che hanno caratterizzato il potere e la produzione industriale sono ora rovine, resti che l’artista mette in luce attratto dalla loro obsolescenza, da una sparizione del senso: alcuni totem, vuoti scranni dai quali un tempo si imponeva il potere, persistono unicamente nella loro ossatura. Allo stesso modo, una primitiva macchina industriale, in grado di automatizzare il processo di creazione artistica, continua il suo moto produttivo, diventato inutile, perché ne sono ormai noti limiti e inadeguatezze.
Osservando queste opere si prova una sensazione simile a quella che si ha davanti a delle rovine antiche, in cui il senso originario è solo una sottile insinuazione.
- Chiara Ioli
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